domenica 1 maggio 2011

Recensione Caso - Tutti dicono guardiamo avanti

Que Suerte! / Klasproduction / In Limine / Fumaio - 2011

Storie di ordinaria realtà. Storie di disillusa felicità. Storie di chi guarda avanti (o almeno ci prova).
Sono proprio loro, le storie, le protagoniste dei nove brani di Andrea Casali, in arte Caso, il quale senza troppe cerimonie, ci invita ad una comunione di sfoghi e chissà... magari poi ci sentiremo meno soli.
Una voce non troppo intonata, una bella armonica, pochi semplici e spesso banali accordi di chitarra
e nient'altro. A lui non importa il mezzo con cui si propone e forse neanche dove arriveranno questi pensieri, ciò che conta è allentare la tensione allo stomaco.
E' l'onesta, d'altronde, la base di questo lavoro, non ci sono pretese e non aspettatevi sorprese, ma se vi accosterete all'ascolto riuscirà a regalarvi frasi gravide di plurale individualità.
Le parole, infatti, sono il punto focale di tutta la struttura, le quali, pur non spiccando per fluidità, riescono ad accendere focolai di viva rabbia comune, intensificata dal loro essere messe in musica e dalla consequenziale possibilità di cantarle ad unisono.

Qualcosa dunque c'è, ma il difetto fondamentale di “Tutti dicono guardiamo avanti” si riscontra nel non riuscire a rapire; strappa sorrisi amari di comprensione e poi via, ognuno per la sua strada senza più percepire l'esigenza di incontrarsi ancora.

E' dunque tangibile la sensazione: si avverte il bisogno di maggiore intensità per far sì che queste confidenze giungano al cuore, perché nel modo in cui ci arrivano tendono a sbiadire fin troppo in fretta. Il risultato alla fine è quindi pari ad un agglomerato di accordi e lemmi come tanti altri, riflessioni eguali a quelle capaci di sbattere nella mente di molti e pertanto niente di più di una chiacchierata informale. La sua sensibilità folk-cantautorale si limita ad un ruolo quasi dattilografo nel spiegare ciò che ha dentro, il disappunto dà un spinta, ma tutto alla fine resta nell'anonimato; traiamo beneficio dall'incontro, ma non si può applaudire un disco solo se, inciampatosi sopra, ci strappa un sorriso e una lacrima di routine.

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