martedì 22 febbraio 2011

Recensione The Tamborines - Camera & tremor

Beat-Mo Records - 2010

Che la filosofia del do-it-yourself sfornasse, se messa in moto con cognizione di causa, ciambelle con il buco o almeno un gustoso equivalente generico, è ormai per lo più un dato di fatto. Partendo da questo concetto e scorrendo le bio-note dei The Tamborines il gioco sembra valere la candela ma soprattutto l'ascolto (anche perché della candela cosa ci facciamo in questo caso?).
Produzione propria, studio proprio e chi più ne ha più ne metta al servizio della salvaguardia della creatività, tanto che, in tal modo, con disinvoltura, il livello di coesione raggiunto in ognuna delle undici tracce non cala mai sotto un certo limite.
La formula, d'altronde, non va poi troppo oltre i tempi d'oro di Jesus and Mary Chain e simili, ma proprio la forza succitata e un certo sguardo trend-moderno donano peculiarità capaci di rendere questo lavoro affine all'intimità creata dal duo. 
Ecco qui, dunque, che questo pop-noise eretto su riverberi, fuzz e digitalizzazioni, diventa a pieno titolo efficace e godibile quel tanto che basta per farci fare il pieno di energia dai toni in bianco e nero più o meno definiti.

C'è da dire che il peso dei suoi predecessori si fa sentire in maniera decisamente rilevante e tale zavorra non lascia dispiegare interamente le ali dei due ragazzi brasiliani con base a Londra, ma la convinzione con cui viene suonato il disco alleggerisce notevolmente il carico.
Passate pure senza indugi da queste parti se amate tali atmosfere, ma se siete in cerca di dischi dalla componente derivativa meno accentuata dovrete fare uno sforzo maggiore per godere degli innesti personali apportati dal gruppo.


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