sabato 19 maggio 2012

Recensione Colapesce - Un meraviglioso declino

42Records - 2012

Basterebbe il paio di parole utilizzato per titolare il primo lavoro solista di Lorenzo Arciullo a far esplodere un immaginario capace di catturare la realtà e tradurla in magia dalla luce ombrosa, ma in tempi di governi tecnici i sognatori non badano a spese e questo giovane, in arte Colapesce, distilla a tale scopo il sopracitato ossimoro perfetto in tredici pezzi-gioiello idonei a discorrere con la nostra anima.
Le grandi manovre dei subconsci, raziocini ed epidermidi private, d'altronde, sono il motore immobile della poetica di Arciullo, eppure qui non abbiamo bisturi affilati pronti ad affondare dentro di noi, bensì parole soffici disposte a mutare a seconda dell'animo incontrato.

Quello di Colapesce, non certo estraneo alla scena (vedi il ben avviato progetto// Albanopower o gli estemporanei Santiago), infatti, è un disco fatto di sensazioni, sopravvivenza ai minimi storici e pura bellezza estatica in cui ogni aspetto è fondamentale e collocato con commuovente cura materna. Un lavoro fatto di parole, musica, magia e nulla più, la cui validità si concretizza mediante il calore umano di chi ne ha le redini e si espande fino a sublimare il circondario di soavi immagini e profumi post idealisti. Ma non è l'edulcorazione a vestire d'incanto la realtà ma, al contrario, i suoi aspetti  più crudi, i quali vengono nobilitati attraverso le strutture dei componimenti fino a sentire il desiderio di tenerti per mano e condurti in punta di piedi lungo il candore dello scadimento quotidiano.

Tramite la “semplice” forma canzone, quel tanto violentato uso del basilare strofa-ritornello-strofa, vengono soffiati, al ritmo di battiti del cuore, respiri e sudore, piccoli tasselli / mondi a sé atti a costruire nell'insieme uno scenario definito quanto libero di interpretazioni.

E sono davvero incalcolabili i microcosmi su cui si regge il disco di questo artigiano siciliano, sfiorateli a piacimento e, tra questi arrangiamenti maniacalmente costruiti, timbri incisivamente pacati e variazioni lievi quanto fondamentali, ne scoprirete ulteriori fino a diventarne famelicamente dipendenti.

Colapesce, cullandoci con non pochi scossoni, tra trame indie folk elettroniche, magistrali bilanciamenti di cantautorato moderno e tradizionale, rimandi '60 '70, influenze anglosassoni capaci di non stridere con la sua italianità e lo sguardo posto verso le regole della poesia, riesce, con cristallina ed ipnotica profondità domestica, a disarmarci di tutte le nostre difese e noi staremo al gioco. In questo modo, anche se armoniosamente subissati, emergeranno le nostre vulnerabilità, ma non ne rimarremo intimiditi perché è proprio questa la veste con cui dobbiamo approcciarci per godere dello spleen metropolitano, e fidatevi, se questo è l'aspetto del declino, è davvero meraviglioso come Arciullo dice.





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