martedì 31 luglio 2012

Recensione Verbal - Verbal

Neverlab - 2012

Se dovessimo concedere libero sfogo alla nostra fantasia e le lasciassimo mettere uno davanti all'altro i passi compiuti dai Verbal per suonare dal vivo la loro proposta musicale, ci troveremo per direttissima in luoghi ben lontani dal nostro immaginario quotidiano riuscendo così, in un batter d'occhio, a godere dell'esperienza di un lungo viaggio. Oggi, però, il sogno ad occhi aperti ci viene offerto direttamente dal più concreto raziocinio, il quale, addirittura con minor sforzo, non dovrà far altro che giovarsi del risultato della somma di tali chilometri cristallizzati nel disco omonimo del quintetto bergabasco. In questo modo non solo ci troveremo a ricoprire una tratta altrettanto lunga fatta di suoni ed evocazioni, ma potremo renderci realmente conto di come la coesione e il farsi le ossa sui palchi siano elementi basilari per la riuscita di un disco; tanto che di opera prima si tratta ma davvero non pare, almeno per quel che riguarda i due fattori appena citati.

Ciò che balza subito all'attenzione, infatti, è proprio come queste sei tracce emanino compattezza tra i componenti della band e buone capacità tecniche, le quali, unite ad una fervida curiosità a cavallo del trovare nuovi costrutti, sopperiscono i momenti statici e/o ripetitivi del lavoro.

Suoni inconsueti, stratificazioni, voci in funzione della musicalità e il mischiarsi di cinque individualità diverse, d'altronde, sono solo le prime scintille che innescano il post-rock non convenzionale dei Verbal e, a mano a mano dello scorrere del disco, ci renderemo conto del numero sempre crescente di avventure che ci attenderanno. Ad ogni modo, se la base di riferimento può dirsi il post-rock, è altrettanto vero che i “giochi” dei cinque ne plasmano l'identità facendone confondere gli schemi del genere con mutazioni math, kraut-noise o sfumature tendenti al doom, industial o funk capaci di creare, tra spigoli e geometrie cosmiche, mondi ricchi di pathos nervoso e dissonanti inquietudini.
Proprio tutta questa ricchezza di imput, oltretutto, concede un'arma di valutazione in più all'ascoltatore, il quale ottiene carta bianca nella codificazione ed interpretazione dei suoni ritrovandosi, tramite tali modalità, ad essere un tassello fondamentale nel decretare la personale validità di questa produzione.

Distorsioni graffianti, riverberi spettrali, ritmiche vigorose quanto ipnotiche, tensioni acide, citazioni colte, tempi dispari e quant'altro sono l'anima da cui restare abbagliati e ne fanno un rispettabile primo esempio di esistenza in cui potremo notare sì ancora il bisogno di affinamento, ma anche il palesarsi di qualità espresse ed in divenire dei cinque componenti.

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