mercoledì 6 febbraio 2013

Recensione Flowers - Monna Lisa Store


Sembrano giungere in punta di piedi i Flowers, trio di Fiorenzuola d’Arda ora all'attivo con il primo lavoro ufficiale e, con altrettanta prudenza, bussano alle porte del music word, ma lasciateli entrare nei vostri mondi privati ed il delirio è assicurato.

Giovani, esplosivi e dalle iridescenze ricche di rimandi sonori altisonanti i tre si muovono con slancio in terreni sanguinanti e, sgomitando per trovare un posto in piedi tra la folla, giocano con avidità con i tratti somatici di un'era che fu.
Tale ricerca, tuttavia, compiuta in piena energica corsa, diviene vittima dell'urgenza ed il trio si ritrova, accecato dai bagliori union jack, a mettere in riserva i rischi attingendo a piene mani nella sempre viva età degli splendori brit-pop, i '90.

Dando un così nutrito spazio ai punti di forza del genere d'altronde ci si ritrova a percorrere una via lastricata di oro bello solo da guardare e, non potendo godere dei benefici di tale “ricchezza”, lasciano all'ascoltatore solo il vuoto di un miraggio.
In sostituzione della scarsa dose di personalità giunge però in nutrito aiuto la granitica vitalità citata in apertura, ma ciò nonostante le pecche di “Monnalisa Store” non riescono a dare segni di cedimento e ci ritroviamo alla fine dei festeggiamenti a fare la conta dei danni.

Come primo tra tutti i detrattori non può non essere menzionato il senso di uniformità sonora tra pezzo e pezzo, una pecca, questa, capace di far calare l'attenzione fino a farci percepire la sensazione di non avere più nulla tra le mani. Ma non solo, andando avanti tra le noti dolenti inevitabilmente si torna a sottolineare i rimandi troppo marcati al pantheon dei loro autori chiave ma, ad ogni modo, non serve scavare poi molto per trovare invece quelli che sono i buoni punti in divenire del trio.

Cominciando dalla salda padronanza delle proprie capacità tecniche si passa così via via alle valide intuizioni che si possono riscontrare nei cenni di contaminazioni folk, psichedeliche/settantiane o rock dagli afflati power o più hard per poi puntare l'orecchio all'interessante uso di riferimenti letterari (vedi citazione del De Profundis di Wilde) che certo non lasciano indifferenti soprattutto contando che di opera prima si tratta.

Tra momenti acustici o tirati, tra feste o malinconie, proprio come il celeberrimo quadro su cui ruota questo disco, i Flowers ci lasciano in sospeso tra i fumi di un mix di mistero, realtà, leggenda, consuetudini di comodo e sogno; così dando per buono ciò che riesce a farci passare un po' di tempo in allegria, cerchiamo di non farci troppe domande su come alla fine tutto ciò (volendo) può riuscire ad intrigarci. La strada da percorrere però è ancora lunga e per il famoso salto di qualità ci vuole uno sforzo maggiore.




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Flowers:  
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