lunedì 8 agosto 2011

Recensione HattoriHanzo - Eau de Punk

Autoprodotto - 2011

Se vi trovate in prossimità degli HattoriHanzo scegliete brevemente il vostro destino, perché, una volta incappati su questi quattro alessandrini, non ve li scrollerete più di dosso, rimarranno conficcati nel vostro cervello come una gomma da masticare nei capelli.

Veraci, irriverenti ed ironici fino ad afferrare con mano un pizzico di follia, ci buttano con forza dentro un mega shaker capace di lasciarci tramorti e in egual misura ritemprati a fine disco. In Eau de Punk, d'altronde, si fa disimpegnatamente sul serio, elevando, con convinzione, l'immediatezza scuoti fondelli, a priorità ed espellendo una certa malinconia latente attraverso il sudore.

Basterebbe una frase come “se io faccio Godzilla tu mi fai il Giappone?”, sostenuta dall'incalzante ritmica, a coinvolgere, estendete il tutto per mezz'ora e ne diventerete devoti anche solo per la ventata d'aria scanzonata che ci tireranno addosso senza chiedere permesso.

Il vero punto a favore, però, è il motore con cui muovono l'intero armamentario, un autentico tributo all'onestà senza intermediari capace di conferire all'insieme una sorta di validità intrinseca.
Qui, insomma, senza prendersi sul serio, si va dritti al sodo, mietendo vittime con un'incendiaria miscela punk'n'roll pop-garage dai tratti surf, rockabilly e indie-rock nell'accezione moderna del termine. Ma non solo, sul finire cambiano con disinvoltura registro, virando così verso una corposa elettronica scaccia fantasmi dei loro predecessori.

Certo, le impronte dei loro più illustri colleghi sono ben distinguibili e, guardando un po' più verso i nostri giorni, alcuni motivetti rasentano il plagio (vedi “Giulia è nel frigo”), ma in ogni caso questo non è un disco per nostalgici ne tantomeno un mero cavalcatore dell'onda più alta, la personalità c'è e risiede tutta nella simpatia del gruppo. Provare per credere.


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