Con lo scopo dichiarato di voler suggellare su disco la carica dei loro concerti dal vivo, gli Iceberg portano alla luce “Caro Tornado”, debutto ufficiale di questo terzetto pavese nonché messa a fuoco della prima fase artistica degli stessi.
Ciò che evince ascolto dopo ascolto, infatti, è proprio come questo lavoro marchi la sensazione di arrivo al capolinea di un percorso e, allo stesso tempo, tracci le linee guida da seguire per i successivi passi. Tuttavia, anche se la sensazione di un buon secondo passo è tangibile, tale percezione porta via grosse dosi di entusiasmo verso ciò che si ha tra le mani, immergendoci così in acque buie in cui si annaspa a pochi metri dalla riva.
Tale “scelta”, d'altronde, si rende inevitabilmente complice di un'attesa verso i nuovi passi, quelli caratterizzati da maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità e, possibilmente, più carichi di quella personalità in grado di farli distinguere tra la folla.
Pestano le pelli con vigore, disdegnano gli eccessi puntando dritti alla sostanza per rendere ruvida ogni angolazione, cadenzano con discreta abilità i momenti tesi e quelli più ariosi, lasciano spazio a diverse chiavi d'interpretazione grazie ad un songwriting evocativo e soffuso, eppure, anche se continuassimo ad annoverare i punti a favore di questo lavoro, non solo potremmo trovare i corrispettivi contrari ma, pur facendone un mucchio ben stretto, non riusciremmo ad arrivare a quel grado di compattezza capace di rendere inscalfibili i succitati aspetti.
Di fatto si può citare anche solo l'ultimo elemento chiamato in causa ed, in un battito di ciglia, ecco qui spuntare lati meno rosei come: una certa ridondanza della linea compositiva, sciapi sprazzi di evidenti false righe brondiane/verdeniane o un cantato spesso poco convincente e colpevole di abbassare ancor di più il livello di tutta la faccenda.
La passione però non manca e, sostanzialmente, questo cocktail a base di rock, noise e melodia in cui si shakerano dosi di cantautorato e verve grunge, si lascia ascoltare (soprattutto se siete fan degli anni '90 dall'accezione alternativa), pertanto, dati i presupposti, mettere in conto un certo margine di miglioramento non è un'impresa ardua.
Caro Tornado, venendo alle somme, è quindi solo la punta di questo iceberg e, come natura insegna, sotto c'è ancora molto da scoprire.
Ciò che evince ascolto dopo ascolto, infatti, è proprio come questo lavoro marchi la sensazione di arrivo al capolinea di un percorso e, allo stesso tempo, tracci le linee guida da seguire per i successivi passi. Tuttavia, anche se la sensazione di un buon secondo passo è tangibile, tale percezione porta via grosse dosi di entusiasmo verso ciò che si ha tra le mani, immergendoci così in acque buie in cui si annaspa a pochi metri dalla riva.
Tale “scelta”, d'altronde, si rende inevitabilmente complice di un'attesa verso i nuovi passi, quelli caratterizzati da maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità e, possibilmente, più carichi di quella personalità in grado di farli distinguere tra la folla.
Pestano le pelli con vigore, disdegnano gli eccessi puntando dritti alla sostanza per rendere ruvida ogni angolazione, cadenzano con discreta abilità i momenti tesi e quelli più ariosi, lasciano spazio a diverse chiavi d'interpretazione grazie ad un songwriting evocativo e soffuso, eppure, anche se continuassimo ad annoverare i punti a favore di questo lavoro, non solo potremmo trovare i corrispettivi contrari ma, pur facendone un mucchio ben stretto, non riusciremmo ad arrivare a quel grado di compattezza capace di rendere inscalfibili i succitati aspetti.
Di fatto si può citare anche solo l'ultimo elemento chiamato in causa ed, in un battito di ciglia, ecco qui spuntare lati meno rosei come: una certa ridondanza della linea compositiva, sciapi sprazzi di evidenti false righe brondiane/verdeniane o un cantato spesso poco convincente e colpevole di abbassare ancor di più il livello di tutta la faccenda.
La passione però non manca e, sostanzialmente, questo cocktail a base di rock, noise e melodia in cui si shakerano dosi di cantautorato e verve grunge, si lascia ascoltare (soprattutto se siete fan degli anni '90 dall'accezione alternativa), pertanto, dati i presupposti, mettere in conto un certo margine di miglioramento non è un'impresa ardua.
Caro Tornado, venendo alle somme, è quindi solo la punta di questo iceberg e, come natura insegna, sotto c'è ancora molto da scoprire.
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Iceberg: http://icebergmusica.com/
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