martedì 11 settembre 2012

Recensione Omid Jazi - Lenea

Jestrai Records - 2012

A sei anni Omid Jazi riceve dal padre (musicista ed insegnante di musica) un dono prezioso, una tastiera. Passano gli anni e, dopo aver studiato pianoforte al conservatorio ed imparato a suonare la chitarra da autodidatta, fonda il primo gruppo, i Feedback, per poi approdare con il tempo e l'esperienza ai Water in Face ed ai Supravisitors.
Il 2011 lo vede in giro, fuori e dentro i confini della Penisola nelle vesti di supporto live del fortunato Wow Tour dei Verdena in cui si è distinto per le sue doti di polistrumentista tanto da guadagnarsi il titolo di membro integrante del gruppo.
Arriviamo ora all'ultimo capitolo, ovviamente in termini cronologici, scritto dal giovane artista, perché questa storia parte proprio da qui, nelle pause tra un concerto e l'altro insieme al trio bergamasco.

Eccoci quindi giungere a Lenea primo ep firmato a suo nome in cui Omid, nel ruolo di one-man band, dà libero sfogo alla sua vivida creatività.

Questo assaggio di cinque brani, a cui ad ottobre seguirà il primo full lenght, infatti, è un vero e proprio catalizzatore della personalità e del circondario del suo fautore, facendone in questo modo un'opera unica ed irripetibile proprio come un'impronta digitale.
Ciò che evince anche con un solo ascolto fugace, d'altronde, è proprio come tale inscindibile alchimia sia stata la scintilla da cui tutto si è generato e fondato, sviluppando un io cristallizzato in musica capace di metter a nudo, in modo cripticamente visionario-realistico, il suo autore.

Bastano una ventina di minuti incisi su disco a far fondere i nostri contorni con i suoi e, una volta amalgamati assieme, lasciarsi dirigere manderà in solluchero la nostra fame di sensazioni  risucchiando linfa vitale filtrata tramite la nostra.

E di pietanze, anche se sulla carta ne risultano solo cinque, ne verranno servite un bel po', perché Omid passa con disinvoltura da momenti schizoidi a quelli più introspettivi, lasciando intatta la componente onirico-dattilografa che lo contraddistingue e puntando, in maniera naturale, su una produzione ben curata.

Tra ritornelli ipnotici, synth, violini, suoni tribali, cambi di atmosfere gravide di sperimentazione, pattern, percussioni, cori, archi, echi, effetti, kaoss pad, chitarra-padrona e chi più ne ha più ne metta svetta oltretutto un songwriting compatto e suggestivo capace, senza indugi, di concedersi un'accezione “all'italiana” rivisitata con la verve di chi tende a mischiare aspetti diversi senza denaturalizzare le materie prime.

Questo freak-pop sixties/eighties versatile al punto da riuscire ad abbracciare slanci elettronici, noise e venature shoegaze ha la capacità di rimanere semplice e fruibile pur contando su una miriade di dettagli, un'abilità, questa che, unita al modo ossessivo in cui il tutto penetra nella testa, fa risultare tale  ambizioso ep un motivo per cui è d'obbligo un accorato countdown fino all'uscita del primo disco ufficiale. Nell'attesa: ascoltare a ripetizione Lenea in versione in studio o dal vivo (anch'essa, parola, di grande impatto).


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